venerdì 9 gennaio 2004

 

 ROVERETO VALLAGARINA

 

 




Il direttore del personale Giancarlo Petrolli, rimasto al timone della nave che affonda dopo il ritiro in pensione del direttore Angheben. A dx la visita del senatore Michelini e dell'assessore Demattè

«Eravamo un'azienda splendida»
Il direttore Petrolli affranto: "Nemmeno io l'avevo previsto"
"Potrebbero limitarsi a ridimensionare, ma sono pessimista"

l.z.

ROVERETO. «Non ci dormito, la notte scorsa, non riesco ad accettare l'idea che senza nessun passaggio intermedio si mandi in fumo un patrimonio straordinario di professionalità, uno stabilimento così ben avviato come il nostro».
Il direttore del personale Giancarlo Petrolli ieri ha passato la giornata in azienda come un capitano aggrappato al timone della nave che affonda. Il direttore di stabilimento non c'è più, a fine anno è andato in pensione Ivano Angheben, e in questo momento tocca a Petrolli traghettare la Filtrona in questa sua breve agonia. Strana sensazione dev'essere, la sua, da colletto bianco nella medesima condizione delle tute blu: licenziato in tronco per la mossa decisa dal padrone sulla scacchiera dell'economia globale.
«Sì, puramente per una questione economica. Questo stabilimento lavorava benissimo, per assurdo paga il fatto che ha un respiro internazionale non più necessario al gruppo, a differenza di Salerno dimensionata invece per il solo mercato italiano, proprio quel tanto che Filtrona vuole mantenere attivo nel nostro Paese. E' un passaggio dolorosissimo: non tanto per me, io ho 60 anni e scivolerò in qualche modo fino alla pensione. Sono profondamente addolorato invece per tutta la nostra forza lavoro: negli ultimi tre anni avevamo cresciuto giovani bravi e affidabili, avevamo messo una serie di macchine nelle mani di donne dimostratesi all'altezza dei colleghi maschi, avevamo ottenuto le certificazioni Iso 9000 e 14000. Un'azienda bella, dotata della propria mensa, con il medico in fabbrica, capace di mandare prodotti fino in Cina. Purtroppo oggi mi sento di dire che privatizzarla, tra l'altro a prezzi irrisori, è stato un errore».
Lei riscontra quindi una responsabilità politica?
«Sinceramente non me la sento di caricare croci perchè io stesso non ho mai avuto la sensazione che Filtrona potesse chiuderci, pensavo fossimo l'anello forte del polo fumo roveretano e semmai ritenevo rischiasse la nostra sede minore di Salerno. Non credo nemmeno a un effetto diretto su Aticarta e Manifattura, anche se quest'ultima è in posizione di debolezza».
E ora? Vi limiterete ad aspettare l'ultimo giorno?
«Non credo ci saranno spazi per far rientrare la chiusura, proveremo a batterci perchè ci si accontenti di un ridimensionamento, protesteremo la brutalità del passaggio diretto in mobilità per tutti. Non sono molto ottimista, nè credo che "sequestrare" il macchinario metterà in difficoltà l'azienda: in Inghilterra Filtrona ha macchine quattro volte più veloci delle nostre, possono tranquillamente aspettare acque più calme».