MERCOLEDÌ,
23 GENNAIO 2002
Pagina 22 - Esteri
L'INDAGINE
La denuncia di una manager dell'azienda: "Fino
all'ultimo venivano eliminati i documenti compromettenti"
Texas, giallo sui dossier Enron distrutti dopo l'avvio
dell'inchiesta
L'Fbi indaga sui
dirigenti dell'impresa in bancarotta e sull'Arthur Andersen, che doveva
controllarla
Il crack del colosso
dell'energia ha travolto decine di piccoli risparmiatori, i dirigenti invece ci
hanno speculato
DAL NOSTRO INVIATO
FEDERICO RAMPINI
SAN FRANCISCO — Hanno
continuato a distruggere le prove fino all'ultimo, con un sangue freddo degno
di gangster professionisti. I dirigenti della Enron, il colosso texano
dell'energia la cui bancarotta sta scuotendo l'America, ancora pochi giorni fa
hanno buttato nel tritacarta documenti compromettenti. E' quasi incredibile,
perché la Enron è in liquidazione fallimentare da 50 giorni, il crack è oggetto
di un'inchiesta penale e di ben sette indagini parlamentari: il suo quartier
generale di Houston dovrebbe pullulare di poliziotti e magistrati. Nonostante
questo una manager della stessa Enron, Maureen Castaneda, ha visto con i suoi
occhi (e denunciato) i colleghi che eliminavano nella spazzatura interi
dossier.
L'operazionetritacarte rivelata ieri fa il paio con l'analoga distruzione di
documenti operata dalla Arthur Andersen, la società di certificazione dei
bilanci pagata per controllare i conti della Enron. Anche su questi episodi
dovrà fare luce l'inchiesta parlamentare che domani entra nella fase calda: a
Washington cominceranno a sfilare i testimoni davanti alla commissione Affari
costituzionali del Senato presieduta dal democratico Joseph Lieberman, l'ex
candidato alla vicepresidenza di Al Gore. Il tracollo del gigante texano è già
uno scandalo politico, perché la Enron è il più importante finanziatore delle
campagne elettorali di Bush (dalle elezioni governatoriali del Texas alla Casa
Bianca), oltre ad avere alcuni suoi ex dirigenti ai vertici dell'attuale
Amministrazione. Ma pur avendo finanziato prevalentemente i repubblicani,
l'azienda aveva distribuito soldi anche ai democratici, compreso lo stesso
Lieberman. 71 senatori e 188 deputati figurano sulla lista dei suoi
finanziamenti.
Prima ancora di misurarne l'impatto su Bush, lo scandalo Enron è già drammatico
per l'immagine del capitalismo americano. Un fallimento da 63 miliardi di
dollari è il più grosso crack nella storia degli Stati Uniti. In questa vicenda
nulla ha funzionato come doveva: regole, controlli, autorità di vigilanza,
etica degli affari. I top manager dell'azienda — a cominciare
dall'amministratore delegato Kenneth Lay, amico di Bush — hanno potuto truccare
i bilanci facendo scomparire debiti e apparire profitti inesistenti. Hanno
usato 900 società offshore per evadere le imposte Usa per quattro anni. Hanno
riempito i fondi pensione dei dipendenti di azioni della stessa Enron. Poco
prima del crollo, Lay ed altri dirigenti hanno venduto le loro azioni personali
in Borsa lucrando elevate plusvalenze, mentre al tempo stesso raccomandavano ai
dipendenti di avere fiducia e di continuare ad acquistare i titoli del gruppo.
Ancora a fine novembre, a poche ore dal fallimento, i top manager si sono
autoerogati 55 milioni di dollari di gratifiche. Il 2 dicembre l'azienda faceva
bancarotta, licenziava in tronco 4.000 dipendenti, le azioni crollavano dai
massimi di 90 dollari a pochi centesimi l'una, distruggendo anche il risparmio
previdenziale del personale.
Nessuno dei controllori ha visto nulla, nessun segnale di allarme si è acceso
per tempo: né i revisori dei conti, né gli analisti di Borsa o le banche
d'affari che finanziavano Enron, né le agenzie di rating che stabiliscono la
solvibilità finanziaria delle aziende, né la Securities & Exchange
Commission (Sec) cioè il guardiano della Borsa. E' questo collasso delle regole
e dei controlli a far dire che il crack Enron è una crisi «di sistema», che
secondo lo stesso Wall Street Journal può intaccare la fiducia nella Borsa e
nel capitalismo americano. Quante altre aziende dai bilanci truccati ci sono in
giro? Nessuno lo sa, ma il mercato e i piccoli azionisti cominciano a
chiederselo. Ieri un'altra bancarotta — la catena di supermercati Kmart — è
stata esplicitamente legata al caso Enron.
L'inerzia dei controllori si presta naturalmente ai peggiori sospetti. Tra la
Enron e quella Andersen che doveva controllarne i bilanci c'erano complicità e
collusioni di ogni genere: consulenze pagate profumatamente, e dirigenti
Andersen assunti al vertice dell'azienda «controllata». Il presidente della
Sec, Harvey Pitt (nominato da Bush) è un ex avvocato della Andersen: il
conflitto d'interessi è evidente e molti si chiedono se il capo dell'autorità
di controllo della Borsa non dovrebbe autoricusarsi. E' quel che ha già fatto
il ministro della Giustizia John Ashcroft: avendo ricevuto anche lui generosi
finanziamenti dall'azienda fallita, non metterà naso nell'investigazione penale
che riunisce i pm di tre procure, Houston, San Francisco e New York. Ma se si
dovesse dare la caccia a tutti i conflitti d'interesse, l'Amministrazione Bush
rimarrebbe semivuota. Fra coloro che hanno avuto legami professionali o
investimenti nella Enron figurano il capogabinetto del presidente, il capo dei
suoi consiglieri economici, il ministro del Commercio. E restano circondate da
un alone di mistero le riunioni segrete che il vicepresidente Dick Cheney ebbe
con i dirigenti Enron a marzo, per preparare il piano energetico
dell'Amministrazione.