Nubi minacciose si addensano sul futuro dei dipendenti di B.A.T. Italia.

La multinazionale che a fine 2003 ha acquistato dal Tesoro l’Ente Tabacchi Italiani, nato dalla privatizzazione del ramo tabacchi dei Monopoli di Stato, vede sempre più vicina la data del 31 dicembre 2006, scadenza del triennio in cui la compagnia si era impegnata (clausola del contratto di vendita) a non operare riduzioni di personale. L’aria che si respira nella faraonica sede centrale di via Amsterdam è sempre più pesante. L’epoca delle feste, del roof garden, dei sontuosi pacchi natalizi, dei gadget sembra definitivamente tramontata; anche i più ottimisti e lanciati verso l’avventura internazionale si vanno adeguando al clima di cupa rassegnazione. Al di là dei proclami trionfalistici e delle improbabili dichiarazioni di facciata, emerge sempre più evidente che il vero scopo di tutta questa operazione per la multinazionale era semplicemente l’acquisizione di una robusta fetta del mercato italiano.

L’alta dirigenza (il cosiddetto ‘Top Team’) - quasi tutta straniera – ha fatto precipitare l’azienda in una sorta di stallo gestionale e decisionale, in una fuga generale dalle responsabilità, quasi a favorire l’ineluttabile crollo finale. I programmi passati di una più massiccia penetrazione nel mercato italiano si sono infranti contro la dura realtà di una perdita di mercato nel 2005 di quasi un punto percentuale, dovuto esclusivamente – si badi bene – ad un arretramento dei marchi internazionali (Pall Mall, Lucky Strike) a fronte di una sostanziale tenuta delle MS che, invece, dopo quasi un ventennio di declino, sembrano invertire la tendenza : un vero smacco (interno e esterno) per una ditta che punta ad una graduale sostituzione sul mercato dei marchi locali con quelli internazionali.

La prima conseguenza di questi risultati è stato – incredibile! – l’allontanamento del responsabile marketing delle MS!!!

In questo clima di valorizzazione delle vere professionalità, i dipendenti si sono visti calare dall’alto per il secondo anno la cosiddetta Merit Salary Review, a parole un riconoscimento del lavoro svolto l’anno precedente, nei fatti un sistema per gratificare veramente i soliti noti e un modo per l’azienda di sostituirsi alla contrattazione collettiva e pilotare in prima persona l’evoluzione retributiva dei dipendenti. In poche parole : a ogni lavoratore, in dipendenza del proprio grade (una sorta di “livello internazionale” che B.A.T. assegna a ciascun suo dipendente mondiale) e del voto assegnato dal diretto superiore, viene riconosciuto, in generale, un incremento del superminimo, parte importante della busta paga specialmente per chi è sottoposto a un contratto abbastanza misero come il contratto alimentaristi. A fronte di questo incremento, la società si riserva il diritto di riassorbire, in fase di rinnovo contrattuale, l’ammontare dell’aumento contrattuale dal superminimo. Risultato: l’anno scorso la maggior parte dei dipendenti si sono visti riassorbire completamente l’aumento contrattuale che, in generale, era ben superiore all’incremento della Merit Salary Review, come dire : ti do un premio di € 100 con la mano destra e poi ti porto via € 120 con la sinistra.

Anche se si continua – dall’alto – con toni trionfalistici (basta leggere l’ultimo numero del giornale interno ‘Batita’), girano sempre più attendibili voci di una riduzione drastica del personale: non solo per la chiusura definitiva degli stabilimenti (dovrebbe sopravvivere il solo stabilimento di Lecce), non solo per la svendita del ramo sigari (Toscano) al gruppo Maccaferri, ma anche – logicamente – per un consistente ridimensionamento dell’organico della sede centrale di Roma. Pare addirittura sia stato organizzato un gruppo di lavoro per procedere al subaffitto di buona parte dei sette piani dell’attuale sede!!

Questo significherà, con ogni probabilità, mobilità per molti e forzata ricollocazione nella Pubblica Amministrazione per tutti gli ex-dipendenti dei Monopoli, per i quali è ancora in essere il cosiddetto ‘ombrello’ di garanzia di sette anni.

Insomma, fine annunciata di una delle tante privatizzazioni all’italiana.